Ugo di Toscana (o di Tuscia), detto a volte Il Grande, (950 circa – Pistoia, 21 dicembre 1001) fu Margravio di Toscana dal 970 circa fino alla sua morte e duca di Spoleto e Camerino dal 989 al 996.
Origine
Era figlio di un figlio naturale del re d’Italia, Ugo d’Arles, Uberto di Toscana (?-970)[1], il quale fu anche lui per un certo periodo Duca di Spoleto, e di Willa di Toscana, una delle figlie di Bonifacio I di Spoleto.
Biografia
Si sposò con una certa Giuditta ed ebbe una figlia. Sembra che il padre abdicò, per cui Ugo gli succedette, come marchese di Toscana, prima del 970.
Egli decise di spostare la sua residenza da Lucca a Firenze, dando un primo riconoscimento dell’ascesa economica e politica della città sull’Arno.
Durante il regno dell’Imperatore Ottone III fu uno dei consiglieri più ascoltato, per le questioni italiane. In quel periodo divenne duca di Spoleto, ma dopo il 994, anno in cui Ottone III cominciò a governare in prima persona, forse si impaurì dal vasto potere di Ugo, nell’Italia centrale, e nel 996, pur essendo uno dei suoi più fedeli sostenitori, lo privò di Spoleto in favore di Corrado di Spoleto. Ancora accompagnò l’imperatore nella sua nuova discesa in Italia e nell’anno 1000 era comandante delle truppe imperiali con il cugino di Ottone il futuro imperatore, il duca di Baviera, Enrico. Nel 1001 i Romani si ribellarono a Ottone e lo assediarono nel suo palazzo romano e chiusero le porte della città impedendo di entrare in Roma con le truppe ad Ugo ed Enrico, che dopo tre giorni trattarono la liberazione di Ottone, che avrebbe preferito combattere. Ottone dovette uscire da Roma e molto probabilmente Ugo fu allontanato dalla corte imperiale.
Ugo morì, in quello stesso anno (1001) a Pistoia ma venne sepolto a Firenze presso la Badia Fiorentina, fondata da sua madre. Più di quattro secoli dopo Mino da Fiesole gli scolpì un monumento funebre.
Nell’ultimo periodo del suo governo in Toscana, si prodigò, come aveva già fatto la madre, alla cura e all’accrescimento di vari istituti religiosi, con numerose donazioni, che vennero confermate dai suoi successori.
La sua biografia fu arricchita di numerose leggende nel tempo e Placido Puccinelli scrisse una Istoria delle eroiche azioni di Ugo il Grande (1664), visto come principe pio e di alto valore morale
Il marchese ebbe come insegna uno scudo «di rosso a tre pali d’argento» ricordata anche da Dante nella Divina Commedia, canto XVI del Paradiso:
« Ciascun che della bella insegna porta del gran barone il cui nome e il cui pregio la festa di Tommaso riconforta, da esso ebbe milizia e privilegio; » | |
In seguito l’insegna fu portata, con alcune variazione da diverse famiglie nobili fiorentine.
Discendenza
Ugo da Giuditta ebbe una figlia:
- Willa (?-?), che fu benefrattrice del monastero di San Michele Arcangelo presso Massarosa nel 1025, e probabilmente fu moglie di Ardicino, figlio del re d’Italia, Arduino d’Ivrea.
Bibliografia
- Calamai A., “Ugo di Toscana, realtà e leggenda di un diplomatico alla fine del primo millennio”, Prefazione di Franco Cardini, Semper Editrice, Firenze 2001.
- C. W. Previté-Orton, “L’Italia nel X secolo”, cap. XXI, vol. II (L’espansione islamica e la nascita dell’Europa feudale) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp. 662-701.
- Austin Lane Poole, “Ottone II e Ottone III”, cap. V, vol. IV (La riforma della chiesa e la lotta fra papi e imperatori) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp. 112-125.