Pro Loco Signa A.P.S.
PIEVE DI SAN LORENZO A SIGNA

PIEVE DI SAN LORENZO A SIGNA

Ricordata per la prima volta in un documento dell’866, nel 964 veniva donata dal vescovo Rambaldo al Capitolo fiorentino insieme alla chiesa di San Giovanni Battista.
La presenza di tombe cosiddette alla “cappuccina” e ad anfora, rinvenute nel corso di recenti restauri condotti da Vanni Desideri, induce a pensare che l’area su cui sorse la chiesa fosse già usata come sepolcreto nel IV-VI secolo. Prima dell’anno Mille la chiesa risultava pieve, la cui giurisdizione si estendeva, secondo il Repetti, su entrambe le rive dell’Arno. L’antico piviere era composto da quattordici parrocchie.
Per quanto San Lorenzo venga ricordata costantemente come pieve, almeno fino al 1568, nessuno dei documenti finora reperiti vi attesta la presenza di un fonte battesimale. Appare, tuttavia, poco probabile che il sacramento potesse essere amministrato soltanto nella vicina chiesa intitolata a San Giovanni Battista.
Il 16 aprile 1224 una pergamena del Capitolo fiorentino ricorda la presenza di un pievano di nome Corrado. Il sacerdote intimava ai parroci delle chiese suffraganee di rispettare l’obbligo di partecipare con i loro fedeli alle funzioni che si celebravano presso la pieve, minacciandoli di scomunica. Nel 1243, in occasione dell’elezione del nuovo pievano, il proposto della cattedrale si recava a Signa col preciso proposito di ribadire su San Lorenzo l’autorità dei canonici di San Giovanni.
Il nome della chiesa compare nuovamente nel privilegio di Ottone III e in una “Charta offersionis” del 1304. Nel 1789, come attesta la lapide visibile sulla facciata della chiesa, ne acquisiva la proprietà la famiglia Del Rosso, mantenendola fino al 1834. In tale data passava alla “Compagnia del Santissimo Sacramento e dello Spirito Santo”, [già “Compagnia dei Bianchi”], che ancora oggi ne detiene la proprietà. Una scalinata semicircolare in pietra conduce al portico che dà accesso alla chiesa, dominato dall’immagine di San Cristoforo, affresco di scuola fiorentina della fine del XIII secolo. La consueta collocazione del santo all’esterno di edifici religiosi, allude alla protezione che egli esercitava nei confronti dei viandanti.
Il campanile, di origine romanica, a pianta quadrata e alto venticinque metri, presenta nella parte superiore eleganti bifore. La cella campanaria è stata ricostruita nel 1928, e l’abside attuale ha subito un rimaneggiamento nel corso del XVII secolo. Il campanile è stato recentemente sottoposto a restauro statico a cura della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici.
L’interno si sviluppa in un’unica navata impreziosita da una ricca decorazione ad affresco.
Al di sotto del piano di calpestio a ridosso della parete sinistra, è visibile una delle tombe alla “cappuccina” sopra ricordate. La controfacciata accoglie un affresco raffigurante la Madonna in trono col Bambino tra Santo Stefano e Sant’Antonio abate, databile alla fine del XIV secolo o all’inizio del successivo.
All’inizio della parete sinistra una figura di Santa (1485), di scuola fiorentina. A lato, scandita in sette scomparti, si dispiega la teoria votiva di santi dipinta nella seconda metà del Trecento da Pietro Nelli con la probabile collaborazione di Jacopo di Cione, al quale spetta la Santa martire con libro che apre la serie. Segue San Bartolomeo accompagnato dall’immagine della committente.
Nel bordo inferiore del riquadro successivo con San Giuliano e Santa Caterina d’Alessandria si leggono la data 1366, estendibile all’esecuzione dell’intero ciclo, e il nome di un secondo committente “Benozzo di N[iccolò?] linaiolo”.
Proseguendo: San Romualdo e San Benedetto, San Lorenzo e il grande riquadro con il Martirio di San Sebastiano, infine Sant’Antonio abate con altra figura di committente.
Completa l’intervento di Pietro Nelli la Santa Margherita d’Antiochia posta all’inizio della parete destra.Al termine della navata si eleva il grande ambone di epoca romanica, di cui si ignora l’originaria ubicazione. Quella attuale è stata determinata dai lavori svoltisi nella chiesa nel 1936, in occasione dei restauri del campanile.
Nel transetto a sinistra, in alto, tavola di scuola fiorentina del XVII secolo con la Madonna in gloria e angeli, San Lorenzo e Santo Stefano, che accoglieva al centro un’immagine sacra più antica. Addossato alla parete successiva si trova il grande tabernacolo, già sull’angolo di un’abitazione in via Garibaldi, affrescato fra il 1450 e il 1460 dal cosiddetto Maestro di Signa (Antonio di Maso?), allievo di Bicci di Lorenzo.
In occasione della riconsegna dei tabernacolo, avvenuta nel 1995 dopo un lungo intervento di restauro, quanto resta delle sinopie dei santi laterali è stato opportunamente collocato di fianco al complesso affrescato. Accanto, altare in pietra serena con dipinto raffigurante la Madonna coi Bambino e San Giovannino, di scuola fiorentina della prima metà del XVI secolo.
Alle pareti dell’abside spiccano tre grandi pale d’altare.
Quella centrale, opera fiorentina della seconda metà del XVI secolo. A sinistra, tela riferita alla mano del senese Pietro Sorri. A destra, infine,tavola opera di Bernardino Monaldi che vi appose la propria firma e la data (1592).
L’altare destro del transetto contiene ciò che rimane di un’ampia scena ad affresco e della relativa sinopia attribuite al cosiddetto “Maestro di Barberino”, pittore attivo nella seconda metà del XIV secolo.
Lungo la parte superiore della parete adiacente, si snoda un fregio, databile entro il XIV secolo. Sulla parete destra della navata, Madonna della Misericordia di Corso di Buono, affresco della fine del XIII secolo. Alla mano di questo discepolo di Cimabue si devono, probabilmente, anche i resti della decorazione a finte specchiature marmoree che ornano la fronte dell’arcone centrale.
Accanto, ancora del Maestro di Barberino, grande trittico affrescato.
Nella Chiesa sono presenti anche un grande crocifisso sagomato opera di Giuseppe Santelli,  e una cassa lignea che accoglieva i resti mortali della Beata Giovanna.
La cassa, che ricorda i coevi esempi di cassoni di destinazione privata e domestica, fu dipinta nel 1438 da Pietro di Chellino da Gambassi. La scritta nel cartiglio recita: “Qui giace il corpo della Beata eremita di Signa 1307 [anno della morte]”.
L’opera sostituiva una cassa più antica eseguita nel 1386 da Vanni di Bono, alla quale probabilmente Pietro da Gambassi si era ispirato per la resa iconografica dell’eremita.
L’opera, che presenta notevoli integrazioni del supporto ligneo e vari interventi di ridipintura, fu esposta nel 1933 alla Mostra del Tesoro di Firenze Sacra.
La piccola porta che si apre sulla parete sinistra immette nella sede della “Compagnia del Santissimo Sacramento”, [già “Compagnia dei Bianchi”]. I locali della Compagnia sono in gran parte destinati ad ospitare le bandiere e gli apparati del Corteo Storico che, ogni anno, il lunedì dell’Angelo, sfila lungo le strade del paese in occasione della festa della patrona signese.
Sull’altare in pietra serena del 1672, un crocifisso processionale in legno dipinto del XVI secolo. Sulla mensa un’urna custodisce le spoglie di San Feliciano, soldato romano martirizzato nel III-IV secolo dopo Cristo, sotto il dominio di Diocleziano.
Nel corso dei recenti lavori di restauro e consolidamento del campanile, effettuati dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici, sono state riportate alla luce alcune tombe “a cappuccina” di epoca longobarda.

Video sulla Pieve di San Lorenzo a Signa