Ogni anno, la sera dell’ultima domenica di giugno o della prima di luglio ha luogo in località Lecore la fiera del “Volo di Cecco Santi”, una rievocazione che ha origine, quando la piccola frazione di Signa era un florido e indipendente borgo fiorentino, una tradizione che a Lecore si tramanda di generazione in generazione. Cecco Santi è il protagonista di molte leggende toscane: secondo la più attendibile si tratterebbe di un capitano di ventura che per amore di una donna fu tacciato di tradimento e per questo gettato da una torre, ma si salvò miracolosamente. Il Capitano, che da alcuni anni anche a Vinci subisce un simile trattamento, viene secondo il “cerimoniale” lecorese buttato a terra dall’alto, ma lungo una traiettoria inclinata: interpretando la sua planata gli agricoltori fanno pronostici sul raccolto. La cerimonia, che prevede anche giochi, gare ed un corteo, alla fine si trasforma necessariamente in una festa mangereccia e così, presso il Circolo Ricreativo Lecore, si sfornano pizze, focacce e i migliori piatti tipici ma si servono anche le pietanze provenienti dalle pentole delle signore del posto.
Fino a qualche anno fa il volo di Cecco Santi avveniva nella pittoresca piazza di Lecore, a partire da una torre colombaria del Quattrocento, ma poi le autorità posero il loro divieto, a causa della scarsa sicurezza statica dell’edificio. Oggi viene effettuato nel grande spazio aperto antistante il Circolo Ricreativo, grazie al prezioso impegno di operosi volontari che ogni anno fanno rivivere l’antica tradizione. Il Santi, così è chiamato dai vecchi amici, è incarnato oggi da un manichino di legno del peso di 80 chili, bardato da soldato, e viene fatto scivolare per circa 100 metri lungo un cavo di acciaio, fino a che non tocca terra. Appena questo avviene, subisce un vero e proprio assalto da parte dei presenti, perché si dice anche che toccarlo dopo il volo porti fortuna. I contadini della zona traevano e traggono auspici per il raccolto durante l’anno dal moto più o meno regolare del fantoccio lungo la traiettoria: un po’ come avviene a Firenze per la colombina, all’interno della cerimonia pasquale dello scoppio del carro o, ancora meglio, per il volo del ciuco a Empoli, la cui tradizione risale addirittura al 1397. Ma la cerimonia si potrebbe assimilare ad ancestrali riti propiziatori, agli oracoli della Grecia classica e a tutti quelli da sempre presenti in qualsiasi civiltà. Curioso, se non addirittura impressionante, che nel giugno 1966 il cavo (all’epoca si trattava di un canapo) si spezzasse e interrompesse bruscamente la catabasi del Capitano, annunciando sciagura e disgrazie ai contadini: infatti il 4 novembre di quell’anno i cattivi presagi si avverarono, e non solo per i contadini…
Numerosi documenti e volumi attestano come Lecore abbia sempre celebrato la rievocazione di Cecco Santi. Risulta ad esempio che già nel 1762 (Lechore era una comunità a sé stante: solo nel 1774, insieme alla comunità di Signa, veniva infatti accorpata a Campi) un nobile fiorentino raccomandasse in una lettera al suo fattore: “per la festa del Corpus Domini, siccome io non posso essere presente, fate un buon Cecco Santi”. E la secolare tradizione non è mai stata interrotta, neppure durante la seconda Guerra Mondiale, perché la singolare messa in scena divertiva anche i soldati tedeschi.
Oggi stiamo vivendo un vero e proprio recupero di tutte le tradizioni popolari, ma gli abitanti di questa piccolissima frazione del comune di Signa sono sempre andati orgogliosi del loro Cecco, anche quando – specialmente intorno agli anni ’70 – questo tipo di celebrazioni, divenute fuori moda e irrise come ingenue o superstiziose, sembravano destinate a scomparire.
In Toscana, le antiche tradizioni popolari che oggi vengono rievocate attraverso eventi e manifestazioni, ricordano fatti che in passato hanno segnato la storia di una determinata città.
E’ il caso della leggenda del “Volo di Cecco Santi“.
Secondo la tradizione popolare, Cecco Santi era un capitano dell’armata di Vinci, che per amore di una nobildonna tradì la sua città e fu condannato ad una pena orribile: essere gettato dalla torre del Castello dei Conti Guidi, concedendogli la grazia solo se per miracolo fosse riuscito a salvarsi.
Come ultimo desiderio chiese di bere un bicchiere del buon vino di Vinci e… il miracolo avvenne! Gettato dalla torre, Cecco riuscì a volare fino alla collina di fronte al castello e a salvarsi.
Fu così che in quell’anno i contadini ebbero abbondanti raccolti di uva, olive e grano. Questa tradizione propiziatoria rivive ogni anno, l’ultimo mercoledì di Luglio quando si rievocano i momenti della storia di Cecco Santi fino all’emozionante volo dalla torre.
Il tradimento di Cecco
Secondo una tradizione finora mai smentita, il capitano di ventura Cecco Santi sarebbe stato a capo della guarnigione che, nei primi decenni del XIV secolo, aveva il compito di difendere la rocca di Vinci nelle continue battaglie combattute fra guelfi e ghibellini in quel tormentato periodo della nostra storia. Le cronache narrano che Cecco Santi si lasciò irretire dalle lusinghe di un comandante dell’esercito nemico al quale aveva promesso, come contropartita per una bella somma di denaro, il facile accesso all’interno della cittadina.
Ma il tradimento non andò a buon fine perché le strane manovre del capitano insospettirono la popolazione. Cecco Santi fu tratto in arresto e, dopo una piena confessione, venne condannato ad una pena crudele: essere gettato nel vuoto dalla torre castellana.
La rievocazione attuale non ripercorre il copione originale, ma si limita a far precipitare un fantoccio con le sembianze del medievale traditore, lungo una corda che, dal punto più alto della torre, termina la sua corsa in una ripida scarpata fuori delle mura di cinta.