L’assedio del Castello di Signa fu un episodio della guerra iniziata nel 1396: nel marzo del 1397 le truppe del Visconti, stanziate nell’alleata Siena, intrapresero un’incursione nel contado fiorentino, guidate dal conte Alberigo da Barbiano e dal condottiere Ceccolo Broglia da Trino, giungendo fino a Signa, che assediarono senza successo per due giorni e precisamente il sabato 24 e domenica 25 marzo 1397. Alla difesa del Castello si trovava Tommaso Rucellai. Sia i soldati a difesa del Castello che i signesi, uomini e donne, respinsero l’assalto impadronendosi dello stendardo del Broglia e di Alberigo da Barbiano. Nel castello entrarono, superando le linee viscontee, alcuni fanti e Fabrizio da Perugia con 25 cavalieri; i venturieri si ritirarono, pertanto, verso Siena a causa della mancanza di foraggio per la cavalleria, di ferri per le cavalcature e di altre necessità.
Ciò che è scritto viene ripreso dalla “CRONICA” di Pagolo MORELLI (pag. 298-299) e più precisamente:
“Della compagnia de’ Gambacorti che andò a Pisa, com’è detto, ne seguì che dolutosi i pisani al Conte di Virtù dell’offesa, esso diliberò la vendetta contro a noi. E radunati i suoi militi ed eziandio ricondotto di nuovo insino in numero di dodicimila cavalli, de’ quali era capitano il gran connestabile, (in molte monarchie europee medievali e dell’età moderna, il titolo di connestabile o gran connestabile fu attribuito a un alto dignitario con funzioni militari, al quale era generalmente affidato il comando in capo della cavalleria) cioè il Conte Alberigo da Barbiano, e appresso a sé era messere Iacopo Dal Vermo e il conte Giovanni da Barbiano e messere Ottobuono Terzo e Fazino Cane, messere Antonio Balestracci, messere Cione da Siena, messere Iacopo dalla Croce, il condottiere Ceccolo Broglia da Trino e più altri, in numero di sedici o diciotto valenti caporali, ché il minore avea più di 150 lance di condotta, tutti uomini di fama e di reputazione grande; e venuta questa gente di qua, si ridussono a Siena negli anni Domini 1396, del mese di…, e ivi soprastettono più di due mesi. E di poi a dì marzo cavalcarono nel contado nostro e combatterono Rincine più dì e tutte le mura colle bombarde forarono e ruppero: portoronsi valentemente i terrazzani e difesonsi. Di poi vennono in Val di Greve e combatterono la tenuta di Ciampolo da Panzano più dì. Fussi morto il figliuolo ovvero nipote del gran connestabole; il perché giurò non si partire mai l’avrebbe. La fortezza era una torre ed eravi dentro cento poche: aveano carestia d’acqua, arrenderonsi in capo di più dì a patti, salvo le persone. Ruborono assai roba v’era ridotta entro. E di poi arsono il Mercatale di Greve, e vennono dal Mercatale a Becamorto ed a Santa Maria Impruneta, e accamparonsi la sera nel poggio di Pozzolatico, a capo a Ema; dove al gran connestabile parve essere condotto in cattivo luogo e parveli mill’anni venisse l’altro giorno per levarsi; e così fece. L’altra mattina si partì e passò al Galluzo e per Marignolla e per Sofiano e’ scese a Monticelli; e accamparonsi alla Lastra. Vennono gli scorridori insino a San Gaggio; e per Colombaia e per San Sepolcro e per tutto non si faceva alcun danno d’arsione se non per certi nostri isbanditi a’ loro nimici, e per pisani erano nella compagnia e per la brigata del conte Giovanni da Barbiano (perché si tenea gravato dal Comune per certa guerra era suta in Romagna tra Astore e Azo marchese e quel di Ferrara e ‘l conte Giovanni; noi savamo contro a Azo e contro al conte Giovanni, e facemmoli assai danno). Venuti alla Lastra, e cominciando la brigata ‘avere bisogno di più cose, diliberorono di combattere Signa, perché sentivano v’era assai roba, e appresso era buono rimedio al piano. Passarono il ponte, per che si tenne che i Dieci provvedessono male: ché, se l’avessono fatto tagliare, non potevano passare, ch’era Arno molto grosso. E’ dierono più battaglie al castello di Signa; difesonsi bene; e venne per ventura vi si ritrovò entro più cittadini, i quali ordinarono quello era da fare e facevansi ubbidire; e fra gli altri fu Tomaso Rucellai. E vi stettono più dì e scalarono il castello; e furono levate le scale e tolto lo stendardo del gran connestabile e di messere Brogliola che era in quella brigata, e morti ve ne fu assai e feriti. E di nuovo si rifornì il castello, ché v’entrò una notte Fabrizio da Perugia nostro soldato con venticinque cavalli, il perché il campo si levò; e perché aveano disagio di vivanda, di ferri pe’ cavalli e d’altre cose, diliberarono tornare a Siena.
Altra conferma la troviamo nella “CRONICA di Piero MIBERBETTI (pagg. 370-371)
Questo esercito Visconteo comandato da Barberico da Barbiano, era composto da 12000 cavalieri, con 16/18 caporali con ognuno 180 lance, arcieri ed avevano bombarde e fanti;
Alberico da Barbiano aveva al seguito i seguenti capitani:
- Messer Giovanni da Barbiano;
- Messer Iacopo Dal Verme
- Messer Ottobuono Terzo
- Messer Fazino Cane
- Meesser Antonio Balestracci,
- Messer Cione da Siena
- Messer Iacopo dalla Croce,
- Il condottiere Ceccolo Broglia da Trino
- e più altri, in numero di sedici o diciotto valenti caporali, ché il minore avea più di 150 lance di condotta, tutti uomini di fama e di reputazione grande.
I citati personaggi vengono riportati come grandi militari, persone feroci e senza pietà, che combattevano per il denaro e della merce che conquistavano durante le loro scorrerie.
La sera del 23 marzo 1397 si accamparono alla Lastra avendo modo di riposare, far mangiare i cavalli e si riunirono per escogitare un piano su come conquistare il Castello di Signa
Quanto sopra detto viene trascritto da Moreno BENELLI nella sua presentazione del libro “STATUTI E RIFORME DEL COMUNE DI SIGNA (1399.1528 – 1533-1642)”.
“Una cosa sulla quale mi preme richiamare La vostra attenzione è la disposizione della rubrica 157 del primo libro dello statuto di fare ogni anno, il 25 di marzo, capodanno fiorentino e ricorrenza della “Annunciazione della clementissima Vergine Maria”, una festa alla pieve con tutti i popoli del piviere ed una processione di tutti gli uomini e di tutte le donne di Signa, di San Mauro e di Lecore per pregare e ringraziare il Signore della vittoria ottenuta soltanto tre anni prima, proprio il 24 e 25 marzo, resistendo all’assedio delle truppe di Gian Galeazzo Visconti lanciate all’attacco del contado nei suoi punti nevralgici per saccheggiare e così colpire Firenze stessa. La cronaca dell’evento è narrata con cura nella stessa rubrica perché l’eroismo di quegli abitanti che combatterono “colle grandissime quantità di pietre solo dalle donne in sulle mura portate” salvò la grande città nonostante che il ponte sull’Arno, l’unico allora fino a Pisa e che collegava Signa a tutti i territori circostanti facendone luogo strategico di transito e di scambio, nonché importante mercato, non fosse stato tagliato per cercare di respingere i nemici evitando che valicassero il fiume ed attaccassero il suo Castello”.
Il respingimento delle milizie viscontee fu dunque motivo d’orgoglio da parte della comunità, che provvide a perpetuarne la memoria il più a lungo possibile.
Da alcune pagine ritrovate su manoscritti antichi risulta emergente la figura della donna: furono due donne, infatti, che riuscirono a prendere gli stendardi agli uomini di Alberigo da Barbiano e Ceccolo Broglia, conservati nei tempi antichi nella Chiesa di Santa Maria in Castello di Signa e che, purtroppo sono andati perduti. Gino Capponi cita in un suo scritto di averli visti nel 1848 all’inter-no di questa stessa Chiesa.
L’ultima cosa che mi preme sottolineare è quello che io definisco un miracolo che due donne riescano a portare via agli uomini armati i due stendardi. Mi spiego meglio:
Fra il 1383 e il 1385 venne scritto “IL CODICE MEMBRANACEO SULLA VITA ED I MIRACOLI POST MORTEM DELLA BEATA GIOVANNA”. Il Pievano di Signa Naccio MAZZINGHI, che risulta essere stato lo scrittore del Codice stesso, venne miracolato e venne così raccontato:
“Narrò il Pievano della suddetta chiesa richiamandosi alla sincerità della sua coscienza che essendosi egli gravemente ammalato ed essendo la sua malattia cresciuta tanto che ambedue i medici chiamati con grossa spesa a guarirlo, giudicarono che sarebbe morto in pochi giorni.
Visto che umanamente non c’era più rimedio, si raccomandò alla Beata Giovanna e le promise che, se fosse guarito dalla suddetta malattia, ogni anno nel giorno di San Salvatore, cioè nell’anniversa-rio della sua morte, avrebbe celebrato e solennizzato una festa in suo onore e magnificazione.”
E così avvenne. Quindi nel periodo 1385-1396 la festa della Beata Giovanna fu celebrata durante la festa di San Salvatore il 9-10-11 novembre.
Il Castello era circondato dalle truppe Viscontee affiancate dalle truppe dei Capitani di Ventura Alberico da Barbiano e Ceccolo Broglia, che risultavano essere fra i più feroci e capaci Cavalieri del periodo.
A chi si rivolsero gli uomini e le donne di Signa per pregare un aiuto dall’alto dei cieli? Naturalmente alla Beata Giovanna, che intercedesse presso nostro Signore e desse aiuto ai signesi. E così avvenne che con grande spirito di sacrificio e coraggio, sospinti dalla preghiera fatta, Gian Galeazzo ed i suoi due Cavalieri se ne andarono via sconfitti e mancanti dei due vessilli sopra citati.
Nel libro “FONTES VITAE BEATAE JOHANNAE” a cura di Antonella LUMINI, ebbene tale miracolo viene così descritto dallo scrittore Andrea STEFANI nel suo libro “LAUDA DELLA BEATA GIOVANNA DA SIGNA”:
“Tu salvasti dalla guerra
Di quel Duca di Milano
Che coperto avea il suo piano
Di soldati e la tua terra
Hor’che Dio tua Alma serva
Fa per noi ancora tal cosa
Da un altro scrittore, Giuseppe Maria BROCCHI nel suo libro “Della Beata Giovanna da Signa Vergine secolare romita”, si trova scritto come miracolo la vittoria sui Viscontei:
“Nell’anno 1397, avendo Galeazzo Visconti Duca di Milano mandato il Conte Alberigo da Barbiano suo Generale con più di diecimila Soldati ad assediare il Castello di Signa, i Castellani ricorsero subito con gran fiducia all’intercessione della lor Beata, e ne provarono ben presto il suo aiuto, mentre comparve ella visibilmente gloriosa sulle mura del Castello, unitamente con San Giovanni Battista, e colla Santissima Vergine. E ciò seguì il giorno dell’annunciazione, spaventando i nemici, i quali rimasti confusi si partirono con aver lasciato sul campo molto bagaglio e alcuni Stendardi che furono poscia appesi all’Altare della Beata, in contrassegno della Vittoria ottenuta, mediante il suo potentissimo aiuto.”
Pensiamo che in quell’anno 1397 i Signesi non ebbero, per i guasti ottenuti alle persone, al Castello e alla città, potuto effettuare la tradizionale Festa della Beata Giovanna, che quell’anno correva il 22 aprile; troppo poco tempo per poterla organizzarla al meglio.
La ricorrenza e la vittoria sui Viscontei fu invece celebrata con solennità e preghiera il giorno di Pasquetta del 16 aprile 1398.